venerdì 9 maggio 2014


Patrizia Tellini 6 maggio alle ore 12.52


Una iniziativa a cui personalmente, anche se pur invitata, non ho potuto essere presente per il tristissimo momento che sto vivendo, ogni giorno come fosse l'ultimo per mio padre. Quello che vorrei farvi sapere è che si è parlato di 'custodia attenuata femminile' e quindi di Empoli, del 'nostro' carcere dalla sua apertura - 8 marzo 1997 - con Margherita Michelini che era la Direttrice. Ecco perché sogno una 'attenzione' vera e concreta del 'fare' per tutti coloro che in questo momento si trovano al di là di quel muro. E questo non perché i padri disoccupati di 45 anni che oggi vengono trattati come 'anziani' della nostra società, non devono avere le giuste risposte, gli aiuti e soprattutto la dignità di un lavoro, perché questo chiedono come tutti i giovani ma c'è anche questa fascia importante di età dai 40 ai 55 anni in profonda difficoltà, ma perché dopo anni di carcere è davvero molto ma molto difficile riprendere a vivere la quotidianeità e sentirsi di nuovo vivo e parte del contesto sociale. Per fare questo ci vogliono persone davvero 'grandi' nell'anima, che non giudicano, ma apprezzano e sostengono coloro che piano piano a piccoli passi, hanno ripreso in mano la propria esistenza, uscendo uscire da quel buio per rivedere, dopo tanto tempo, un raggio di sole ... come lo avessero dimenticato!

Grazie Caterina, grazie Margherita ... e a tutte le persone che si occupano della vita di queste persone




Multisala Massimo - Lecce 30 aprile 2014
presentazione e proiezione del film
Nella Casa di Borgo San Nicola di C. Gerardi

interviene Margherita Michelini direttrice del carcere Gozzini di Firenze

giovedì 1 maggio 2014


Pozzale, via Valdorme… è tornata la custodia attenuata femminile di Empoli

 di Patrizia Tellini

Multisala Massimo - Lecce 30 aprile 2014
presentazione e proiezione del film
Nella Casa di Borgo San Nicola di C. Gerardi
interviene Margherita Michelini direttrice del carcere Gozzini di Firenze

8 marzo 1997”, si comincia da quì. In un piccolo-grande Comune della provincia di Firenze, zona Pozzale via Valdorme, a Empoli, si inaugura la apertura del primo Istituto interamente femminile, in Toscana, a custodia attenuata. Diretto da Margherita Michelini per dieci anni, dopo un periodo difficile e molto critico, la Casa Circondariale femminile di Empoli è tornata ad essere come allora, a custodia attenuata grazie all’attuale Direttore Graziano Pujia che ha ben chiaro quanto sia importante attenuare la condizione di ristrettezza intramuraria, con meno ferro e sano rigore, facendo rispettare le regole, sempre con dignità umana. Sarei dovuta essere lì con tutti voi, insieme a Margherita, a Silvia, alla regista del film, Caterina, ma problemi familiari gravi che riguardano mio padre me lo hanno impedito e quando accadono queste cose è necessario ascoltare il cuore e fare delle scelte. Mi dispiace. Mi dispiace molto non esserci. Ogni invito per testimoniare, raccontare il carcere come contenitore di esseri umani, i suoi volti, i suoi grigio-scuro, le sue ombre, le sue violenze, mettendosi in gioco e riprovando quella sofferenza nel ricordare quegli anni che ti hanno portato via dalla vita reale, fuori da quei cancelli, è sempre fonte di riflessione, per tutti coloro che di carcere non sanno o che fanno finta di non sapere, che lo ritengono sempre argomento improduttivo e molto scomodo. Ed ecco perché a ragion veduta, abbiamo il dovere civico, invece, di parlare senza annoiarsi di come migliorare le nostre carceri, di come migliorarne la vita all’interno, cominciando proprio dalle persone che lo hanno vissuto e che ancora oggi lo sentono vivo sulla propria pelle. Fatta di arredi in legno, la struttura di Empoli è sempre stata davvero ‘diversa’ e stranamente ‘calda e familiare’. Ho vissuto la mia giovinezza in carcere, dieci lunghi anni, sballottata da un Istituto all’altro per un mandato di cattura da cui poi sono stata assolta dopo quasi cinque anni di custodia cautelare preventiva, mentre stavo scontando una pena definitiva di sei anni per altro reato. In carcere perché? Perché ero finita nel buio della tossicodipendenza, dello spaccio, della vita fatta di espedienti, di dolori, di pericoli, di ingiustizie e di paura. La stessa paura che provo oggi a 47 anni, diventata mamma di un bellissimo bambino di dieci anni, separata, per non dimenticare mai quello che ha rovinato la mia giovane vita. E se oggi sono Patrizia l’addetta stampa del Comune di Empoli, lo devo proprio al carcere di Empoli ed al lavoro che ho saputo cogliere dietro a quelle sbarre; ad una giornalista de Il Tirreno che si inventò la rivista ‘Ragazze Fuori’ che abbiamo pubblicato per dieci anni e che attualmente è sospeso per mancanza di fondi e dall’allora sindaco di Empoli, Vittorio Bugli che sostenne ed approvò quel progetto come una ‘scommessa’, creando nel Comune due posti di lavoro a collaborazione per detenute ed ex detenute del carcere empolese che più si erano distinte nelle scrittura della rivista. Venni ‘nominata’ e scelta; dopo aver concluso il mio residuo pena di un anno nella comunità terapeutica la ‘Buon Pastore’ a Varazze, arrivai ad Empoli per seguire quel progetto che oggi è diventato il mio lavoro quotidiano come addetta stampa del Comune di Empoli, iscritta all’Ordine dei giornalisti della Toscana dal luglio 2004, assunta dopo la stabilizzazione con regolare concorso, il primo ottobre del 2008 a tempo indeterminato. Ecco il mio riscatto. La mia vita ha ripreso forma e colori grazie ad un sindaco che ha creduto e voluto dare una opportunità e ad una città sensibile ed accogliente, anche se talvolta ho percepito giudizi della prima ora non proprio positivi, ma nessuno mi conosceva e di un delinquente non ci si fida mai, così dicono le povere menti.  Oggi mi reco dalle ospiti una volta alla settimana con l’art.17 per la pubblicazione che presenteremo entro la fine di questo anno, intitolata CODICE A SBARRE, a cura della Casa Editrice Ibiskos, dove ognuna di noi racconta chi è e che cosa è stata, pensando al futuro. Se l’art.27 della Costituzione sancisce che La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. La pena va espiata in condizioni umane e dignitose per il condannato.  Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra: la custodia attenuata di Empoli rispetta in pieno la nostra Costituzione, con la prerogativa di mettere in campo progetti individuali per il futuro di quelle donne attualmente private della propria libertà. Un carcere a misura di donna; una esperienza che ha lasciato il segno in tutte noi, anche in coloro che non ce l’hanno fatta, che ci hanno lasciato perché si sono bucate appena uscite ed il loro cuore non ha retto. Far nascere quel carcere fu una battaglia, combattuta da molti, per trasformarla da carcere maschile a femminile. Siamo state detenute fortunate. Abbiamo una famiglia, una vita diversa da quella di prima, come tutte le altre donne che si svegliano la mattina presto, senza mal di testa, per preparare il bambino per la scuola; la colazione e via a lavorare. La custodia attenuata è un ‘ponte … per’ una nuova vita; un inizio per vedere e sentire che qualcosa di diverso si può fare, senza mentire a noi stesse: questa era la forza di quel carcere ed è la forza di quel carcere oggi. Vorrei che i progetti delle custodie attenuate femminili, le Case per madri e bambini venissero incentivati, realizzati in tutti gli istituti penitenziari.  Vale davvero la pena! Grazie a tutti voi. Con cuore, Patrizia Tellini

IL FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO E LA CASA DELLE DONNE DI LECCE

mercoledì 30 aprile 20014 ore 21
Multisala Massimo 
Presentano il film di Caterina Gerardi
Nella Casa di Borgo San Nicola con le donne, nel carcere
con Silvia Baraldini (ex detenuta politica)
e Margherita Michelini( direttrice del carcere Gozzini di Firenze)
Multisala Massimo - Lecce 30 aprile 2014
presentazione e proiezione del film di C. Gerardi
Nella Casa di Borgo San Nicola
interventi dal posto  parla Silvia Baraldini 

di Nicoletta Salvemini

Non fermatevi ad ammirare le bellissime immagini. Non osservate solo gli sguardi persi o spavaldi, le mani nervose o operose, i colori di una vita sospesa che rivivono nei panni stesi ad asciugare e nelle tendine alle finestre. Non ascoltate solo i loro racconti che parlano di ciò che era e di ciò che è, nell’attesa di ciò che sarà. Mettetevi in ascolto anche dei rumori e dei suoni del luogo dove la libertà personale viene imprigionata. Il cigolio dei carrelli che portano il cibo, quello interminabile delle chiavi che aprono innumerevoli cancelli e porte o delle voci che riecheggiano nei corridoi e nelle celle. Suoni e rumori abilmente catturati nel luogo dove la cattura è di casa. Un luogo abitato da una popolazione femminile che ricrea come può l’ambiente domestico dal quale è stata sottratta per scontare una pena per reati connessi agli stupefacenti, reati dove il tasso di recidiva è molto alto, svelando in ciò che non solo il ritorno in carcere non ha interrotto il precedente modus operandi ma soprattutto che la pena detentiva, per queste donne, non ha svolto la funzione rieducativa voluta dalla Costituzione. Il carcere, come tutti i luoghi dove si esercita potere, ha una struttura maschile che non conosce il corpo femminile: le mestruazioni, la menopausa, la maternità vengono imprigionate. E quando la questione femminile è entrata in carcere ciò è accaduto solo per tutelare i figli piccoli della madre detenuta e non per pensare e agire un trattamento penitenziario differente per la detenuta. Anche l’ordinamento penitenziario, leggendo la storia della detenzione femminile, risente di questa parziale visione del mondo. Il soggetto intorno al quale minori e donne vengono definiti è il maschio adulto: e’ lui il soggetto imputabile per la legislazione penale. Donne e minori costituiscono l’eccezione al modello e vengono accomunati nel concetto di soggetti deboli: la debolezza dei minori è non essere adulti, quella delle donne non essere uomini. La forza di Caterina Gerardi è quella di aver oltrepassato cancelli e sbarre e di aver con coraggio rivisitato il principio di uguaglianza con quello della differenza di genere, facendoli dialogare. Rivisitare l’eguaglianza affiancando ad essa la differenza di genere ha significato per Caterina mettere in relazione l’astrattezza del principio formale con la materialita’ della situazione concreta. Ha significato interpretare la norma per dare altro senso al principio di uguaglianza che non deve funzionare rigidamente ma deve essere capace di rendere eguali nella differenza. Un’interpretazione coraggiosa, fatta nella consapevolezza che essa non è il fine da raggiungere ma uno strumento per raggiungere il fine e il fine è essere eguali tra diversi. Un’interpretazione fatta per immagini voci e suoni e che Caterina Gerardi ci consegna in uno dei suoi lavori più belli e più difficili da realizzare - Il carcere non è per le donne- e che stasera (ore 21.00 Sala 3) in collaborazione con la Casa delle Donne di Lecce, sarà ospitato nella bella e prestigiosa cornice del Festival del Cinema Europeo.